La produzione dei mattoni nella Fornace Galli

  • Ecomuseo Val Sanagra - Fornace Galli, essiccatoio (mattoni, mattonelle e coppi)

    Fornace Galli, essiccatoio (mattoni, mattonelle e coppi)

Il lavoro nella fornace cominciava con l’estrazione della materia prima, l’argilla, la quale veniva scavata a fianco del letto del torrente Sanagra e trasportata all’esterno del forno utilizzando carriole o un carro trainato da cavalli (la galeotta). Indi veniva accatastata all’esterno e, con delle carriole e salendo una passerella, veniva immessa in un macchinario per essere sminuzzata. Questi era ad energia idraulica derivata da una ruota in legno: l’acqua veniva prelevata con una roggia disposta a qualche decina di metri e collegata al sito mediante canalizzazione. L’argilla macinata era poi riportata all’esterno da un nastro trasportatore azionato da una puleggia, sempre collegata alla ruota idraulica.

Si attivavano allora i paltini: operai specializzati addetti al riempimento degli stampi dei mattoni. Il materiale era prima irrorato con acqua, impastato e reso omogeneo; a volte veniva anche preparato la sera per il giorno successivo. Gli stampi erano di diverso tipo: pieni o a quattro fori; oltre ai mattoni venivano prodotti anche coppi da tetto. Estratti dagli stampi, i mattoni venivano depositati al sole per le successive 24 ore: era l’essiccazione all’aria aperta; gli stessi erano poi spostati in appositi spazi sotto le tettoie della fornace o accatastati all’esterno ricoperti di coppi, in modo che la pioggia non li bagnasse.
La preparazione del forno avveniva in contemporanea alla lavorazione dei mattoni: le pareti venivano intonacate con un tipo refrattario di argilla, utile a creare un isolamento termico protettivo utile a salvaguardarne la struttura.

  • Caratteristiche forno

    Il forno della fornace Galli è in ottime condizioni, anche grazie al restauro. A forma poliedrica, è alto una decina di metri, con una base di circa dodici metri quadrati. Il pavimento presenta due canali di alimentazione attraverso i quali gli addetti alla cottura inserivano il combustibile, la legna di faggio, considerata la migliore per tale operazione. Altri combustibili erano il carbone e qualche fascina di legno di carpino, adatta alle operazioni di accensione.

    I mattoni venivano immessi a forno ancora spento: disposti a lisca di pesce e distanziati l’uno dall’altro in modo da ottenere un’adeguata areazione e una cottura omogenea. Venivano create delle volte sovrastanti i canali: era un modo per evitare il contatto con le fiamme, che avrebbe causato un rapido deperimento del materiale per scottatura.
    Il forno raggiungeva la temperatura di mille gradi centigradi, e i fumi prodotti dovevano necessariamente uscire dal sottotetto dello stabile, in mancanza di un camino.
    La cottura aveva una durata notevole,e si prolungava anche nelle ore notturne. Era necessaria una stretta e costante sorveglianza. Il procedimento aveva bisogno di 70 ore di combustione, 900 gradi di temperatura, 60 quintali di legna e 5 quintali di carbone. Ogni carico permetteva di cuocere 15000 mattonelle.

    L’attività della fornace era possibile solamente nel periodo estivo, da aprile a ottobre: era richiesta una situazione climatica favorevole.
    Anche per questo le produzioni a ciclo continuo ad elevata meccanizzazione delle grosse aziende di laterizi lombarde rappresentavano dei competitori troppo forti, in grado di lavorare senza sosta e di completare l’intero processo produttivo in soli 3 giorni.